In Cina, la zuppa di pinna di squalo è considerata una raffinatezza gastronomica sin dal 10 secolo a.C., quando i ristoratori della dinastia Song iniziarono a essiccarla per farne un brodo dalla caratteristica consistenza gelatinosa.
Con lo svilupparsi di un diffuso benessere e di una sempre più vasta classe medio-borghese, la zuppa di pinna di squalo è diventata sinonimo di prosperità economica prima a Hong Kong e poi nel resto della Cina continentale. Un prezzo da capogiro spiega il motivo del suo status: all’hotel Grand Hyatt a Pechino, il costo di una zuppa può variare dai 468 (circa 50 euro) a più di mille yuan, in base alla qualità dello squalo pescato.
Tali costi astronomici non scoraggiano i ricchi cinesi per i quali la zuppa occupa il posto d’onore nei banchetti nuziali e del Capodanno. Si stima infatti che tra i 23 e i 73 milioni di squali vengano uccisi ogni anno, e di questi quasi un terzo venga consumato durante le festività del nuovo anno cinese.
Il risultato di questa tradizione culinaria è purtroppo la decimazione degli squali il cui numero è diminuito del 90 % negli ultimi anni. L’analisi del DNA delle pinne vendute nei mercati ittici di Hong Kong, ha inoltre dimostrato come il 40% proviene da 14 specie di squali considerate a rischio dalla International Union for Conservation of Nature (IUCN).
Eppure un numero sempre maggiore di cinesi non vuole partecipare a questo massacro. La campagna di sensibilizzazione lanciata da diverse organizzazioni ambientaliste, una fra tutte la Bloom Association, sta iniziando finalmente a dare i suoi frutti.
La Citibank Hong Kong ha ritirato una promozione che offriva uno sconto speciale su una cena a base di squalo ai nuovi titolari della sua carta di credito.
Yao Ming, star del basket cinese, è apparso come testimone di uno spot televisivo che invita all’abolizione del finning, ovvero la pratica del rimuovere la pinna dello squalo rigettando in mare il resto dell’animale.
Diversi hotel offrono sconti per quelle coppie che scelgono di non servire zuppa di squalo ai loro ricevimenti di nozze. L’hotel Peninsula, hotel storico di Hong Kong, ha totalmente abolito dal suo menu la zuppa incriminata, seguito da altre 112 imprese di ristorazione. Tra queste, la prestigiosa catena di resort Shangri-La ha annunciato, all’inizio di quest’anno solare e proprio alle porte del capodanno cinese, che non solo non servirà più zuppa di pinna di squalo nei suoi 72 hotel ma che si impegnerà a non utilizzare carni di specie protette come il tonno o il branzino cileno.
Nonostante la resistenza della popolazione più anziana che considera la zuppa di pinna di squalo parte dell’identità nazionale, i dati di una recente sondaggio rivelano che il 66% dei cinesi non accetta l’idea di mangiare una specie animale a rischio, e più dei tre quarti non sarebbe contrario a eliminarla dal menu.
Insomma, ci auguriamo proprio che la zuppa di pinna di squalo non avrà più nessun sequel in futuro.
Fonte: guardian 1 | guardian 2 | IUCN | Bloom Association
Pubblicazione: 27/02/2012 – Ultimo aggiornamento: 27/02/2012
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