Un Paese estremamente vasto che cresce: il rapporto tra la Cina e il turismo è evidentemente destinato a crescere. La crescita del settore – è noto – presenta diverse criticità, prima fra tutte l’impatto di tale industria sull’ambiente e il territorio.
Anche in questo caso, è bene tenersi lontani da facili generalizzazioni: anche in Cina la sensibilità ambientale e l’interesse per il rispetto e la tutela del territorio sono diffuse.
Il nostro inviato Nicolò ci porta a conoscere Chen Xujun, un precursore del turismo ecologico in Cina.
Chen Xujun e il turismo ecologico!
Se non avesse deciso dieci anni fa di lasciare il suo lavoro in banca e la sua terra d’origine per farsi adottare da questa grande mela cinese che da sempre offre riparo ai sognatori, molto probabilmente Chen Xujun non sarebbe diventato viaggiatore, ambientalista, imprenditore, esponente di spicco della società civile cantonese, e molto probabilmente non avrebbe passato il pomeriggio a parlarci di ‘turismo ecologico’, di cui è stato l’antesignano in Cina.
Il turismo ecologico, come dice la definizione ufficiale e internazionale del 1993, fa della salvaguardia dell’ambiente naturale e della gente del luogo che si va a visitare i suoi punti chiave. Gli australiani, da sempre all’avanguardia in questo settore, puntano l’accento soprattutto sull’applicazione delle leggi della natura come strumento per sviluppare la comprensione, il godimento, la protezione dell’ambiente, al fine di perseguire uno sviluppo sostenibile.
Non a caso la mia fonte d’ispirazione, quello che io definisco il mio primo maestro, è stato proprio un uccellino.
Nel 2000 mi trovavo in Australia, sull’isola Fraser, la più grande isola sabbiosa del mondo, e quando verso sera uscii dalla stanza in cui alloggiavo per andare a cenare, mi trovai di fronte un albero a forma di Y sui cui rami un uccellino aveva intessuto il proprio nido. Dormiva beato, un’ala a proteggersi la testa. Rimasi ad osservarlo a lungo mentre lui placidamente continuava il suo sonno. Non aveva per niente paura di me. E’stato allora che ho pensato: anche in Cina sarebbe possibile raggiungere un’ armonia tra l’uomo e la natura così totale? un’ eguaglianza tra gli uomini e gli animali così equilibrata? Da qui e’ nato Crosswaters.
Crosswaters Ecolodge & Spa, nasce dall’incrocio tra Chen Xujun, i suoi soci, l’EDSA, impresa leader di architettura del paesaggio, e un team multiculturale di esperti in progetti eco-sostenibili, tra tutti l’architetto colombiano Simon Velez, pioniere nell’utilizzo del bambù come materiale da costruzione (suo l’imponente padiglione esposto all’Expo2000 di Hannover, incarnazione dei valori del global network ZERI).
Situata nel parco naturale di Nankunshan, splendida oasi a soli 97 km da Guangzhou, Crosswaters è stata la prima destinazione eco-turistica in Cina. Perfetto connubio di lusso a 5 stelle e utilizzo responsabile delle risorse naturali circostanti, qui si utilizza l’energia solare così come l’energia idroelettrica dei due fiumi Gankangmei e Sumaoping, dalla cui intersezione deriva il nome del resort. Le villette che lo costituiscono sono state costruite seguendo le regole del fengshui e lo stile della comunità locale Hakka; utilizzando esclusivamente bambù di cui Nankunshan abbonda, sono figlie diretta delle foreste da cui sono nate, in modo da minimizzare l’impatto sul territorio e permettere alle piante e agli animali di continuare a vivere liberamente come hanno sempre fatto.
Il contributo degli abitanti del paese Nankun, a solo un kilometro dal resort, è stato anche una della ragioni del nostro successo. Dall’inizio la gente del luogo ha partecipato attivamente alla progettazione di Crosswaters. Gli architetti coinvolti nel progetto ricevevano regolarmente dei feedback sulle possibili soluzioni che proponevano ai locali. Ogni imprenditore dotato di coscienza sociale dovrebbe tenere in conto lo sviluppo della comunità dove va ad operare, altrimenti si diventa usurpatori e non ospiti quali effettivamente si è. Immergere la comunità nel progetto che si sta facendo e sostenerne lo sviluppo economico è fondamentale, anche per evitare che si creino dissapori che vanno a minare il progetto stesso, come è successo all’epoca a Hongcun, paesino alle porte di Huangshan, uno dei più importanti siti turistici cinesi. L’azienda che ha preso in appalto la gestione del flusso dei visitatori, tratteneva per se il 95% del ricavato restituendo qualche decina di yuan all’anno agli abitanti del villaggio, fino a quando questi, esasperati, proprio nei periodi di alta stagione, hanno finito per riversare gli escrementi dei loro animali nei pressi dei luoghi da visitare, limitandone l’accesso ai turisti. Se al contrario si fosse supportata l’economia locale, invitando i turisti a comprare prodotti artigianali degli abitanti di Hongcun, aiutando questi ultimi ad aprire guesthouse e ristoranti, allora tutti sarebbe andato d’amore e d’accordo realizzando quello che io definisco il “triangolo amoroso”: salvaguardia dell’ambiente, sviluppo della comunità, beneficio economico.
E’ su questo adagio che Chen Xujun e la sua squadra istituiscono nel 2004 il più grande parco forestale della provincia del Guangdong, il Nanling National Forest Park.
Chiaramente abbiamo dovuto cooperare con le autorità governative provinciali e centrali, che sono state disposte ad accettare le condizioni del Green Global 21, il sistema di certificazione internazionale che dispone i criteri del turismo sostenibile. Il governo cinese è di base una struttura monolitica ma al contempo estremamente complessa e variegata, e contiene al suo interno diverse correnti progressiste che non sono per niente indifferenti ai problemi ambientali.
I cinesi in generale hanno poca fiducia nei loro governanti, tant’è che all’inizio la creazione del parco forestale di Nanling non era visto di buon occhio dai locali. Ma è allora che mi sono detto: primo, l’essere umano non può rifiutare la felicità, secondo, l’essere umano non può rifiutare la ricchezza. Ed era questo quello che noi volevamo portare a Nanling.
Saccheggiate durante la folle accelerazione economica del Grande Balzo in avanti nel 1958, rinvigorite nel 1988 e poi nuovamente dimenticate, le foreste di Nanling contano sparuti villaggi per un totale di circa tremila persone.
Quando siamo arrivati, abbiamo avuto subito l’impressione che la gente di Nanling non credesse più non soltanto nello Stato ma anche in se stessa. Si sentivano i superstiti di un mondo che aveva solo preso e mai dato. Ho iniziato quindi a girare per i villaggi alla ricerca di quei vecchi abitanti sui sessanta settanta anni circa, di cui registravo i racconti loro e dei loro luoghi. Erano contentissimi di essere ascoltati! In questo modo mi proponevo di risollevarli psicologicamente, di fargli acquistare una nuova consapevolezza di se, della loro storia e della loro terra.
E’ così che dopo aver ripristinato la fiducia nelle proprio potenzialità, il Nanling National Forest Park si è anche guadagnato la fiducia delle guide Lonely Planet, che l’hanno inserito tra i luoghi da non perdere nella provincia del Guangdong.
Elegante nel suo metro ottanta e nei suoi quarant’anni portati con disinvoltura, Chen Xujun alterna calma ascetica a fervore passionario, parlandoci dell’ultima tappa del suo viaggio umano e professionale.
La crescita economica ha dato vita a una classe media capace di concedersi quello che fino a poco tempo fa era considerato il lusso di viaggiare. Milioni di cittadini cinesi si muovono in lungo e in largo per il paese, raggiungono le vicine mete dell’Asia Orientale, si spostano fino alla vostra Europa. In un paese di più di un miliardo di abitanti, è facile che il turismo diventi un fenomeno di massa. Eppure non si tratta solo di un problema di popolazione numerosa. L’idea che sta alla base del turismo di massa è anche in questo caso prendere, senza dare. Quando ero in viaggio a Pisa, ho elaborato una statistica molto personale, mi sono seduto in Piazza dei miracoli e ho visto che gruppi di turisti cinesi sostavano di fronte alla Torre pendente non più di venti minuti, giusto il tempo di fare una foto (take a picture), si limitavano appunto a prendere (take) e basta. E poi da li continuavano il loro viaggio, che spesso li porta a visitare 8 paesi europei in 8 giorni!
E’ triste dirlo ma spesso la gente fa quello che gli dice il mercato, un imprenditore ha quindi anche la responsabilità sociale di differenziare l’offerta per differenziare il mercato e fare così la differenza.
Zhi Tour, fondata da Chen Xujun nel 2008, è infatti diversa dalle altre agenzie turistiche perché, come dice il suo statuto, si basa su una scala di valori che propone:
- Amore per la natura.
- Senso di responsabilità
- Rispetto per le minoranze;
- Partecipazione attiva alla società
- Salvaguardia delle differenze culturali
E ed è indirizzata a chi vuole crescere interiormente, a chi è alla ricerca di un equilibrio materiale e spirituale, a chi ama la cultura, lo studio, la natura, a chi ha un atteggiamento positivo nei confronti della vita e vuole innalzarne la qualità.
Gli itinerari di viaggio proposti spaziano dal canyoning per la Tiger Leaping Gorge alla scoperta dell’arte del batik di Nantong, per quanto riguarda la Cina; dall’ escursioni ecologiche per le foreste tropicali del Bako National Park in Malesia, a quelle per le campagne della Provenza fino ad arrivare in Sri Lanka per visitarne le piantagioni da the.
I nostri clienti sono professori universitari, designer, imprenditori e l’80 % è formato da donne. Le donne hanno in mano il futuro del mondo, io credo fermamente nel potere femminile, in una sorta di “forza debole” che contrasti con la brutalità maschile. E’ un caso che ci rivolgiamo alla Natura chiamandola Madre?
A chi gli critica di fare una battaglia ambientalista elitaria, indirizzata agli strati sociali più alti, Chen Xujun risponde dicendo che:
Secondo me è necessario prima influenzare chi ha soldi e potere, perché è così che si arriva alle masse. Far cambiare punto di vista al nostro governo per esempio, che sembra solo interessato a decisioni politiche che aumentino il PIL. Qualche tempo fa ho letto il libro ‘Small is beautiful’ di un economista inglese degli anni ’70, E. F. Schumacher, che già all’ epoca affermava che non tutto può essere quantificato: la salute, la felicità, la bellezza, non possono essere misurate in termini numerici, perché dovrebbero essere semplicemente dei valori, dei diritti basilari. Dovremmo pensare più in termini di FIL (Felicità Interna Lorda) come proponeva all’epoca il re del Bhutan.
Ma non è questa una visione un po’ troppo idealistica della realtà?
Gli uomini hanno bisogno di ideali per poter sopravvivere, ideali che devono essere tramutati in azione. Anche i cinesi se ne stanno accorgendo. Dopo l’epidemia di SARS nel 2003 o lo scandalo del latte contaminato nel 2008, i cinesi sono molto attenti alla propria salute e di conseguenza anche alla salute dell’ambiente. E’ per questo che adesso è necessario un numero sempre maggiore di idealisti per favorire veramente lo sviluppo sostenibile di questo paese.
Sullo sfondo di una domenica novembrina, fresca e soleggiata, in una Guangzhou a targhe alterne che si ripulisce dal suo smog per ospitare la sedicesima edizione delle Olimpiadi Asiatiche, dopo aver gustato un cappuccino sui tavolini all’aperto di una caffetteria dal nome La Seine, ma dirimpetto al fiume Zhujiang, Chen Xujun torna a casa.
A piedi.
Pubblicazione: 05/01/2011 – Ultimo aggiornamento: 05/01/2011
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“Marrai a Fura – sostenibilità e partecipazione” (maggiori info qui).
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