Il 24 aprile 2010 si è tenuto a Terralba (Oristano), il convegno “Nucleare o fonti energetiche eco-sostenibili? Prospettive per il nostro territorio“.
Si è parlato di nucleare e di fonti energetiche alternative.
Pubblichiamo con piacere il comunicato ricevuto dal comitato, nel quale ci raccontano come sono andate le cose.
L’incontro è stato organizzato dal comitato “Atera energia pro sa Sardigna”, (In italiano: “Un’altra/diversa energia per la Sardegna”) nato a Terralba il 15 marzo 2010, su iniziativa di un gruppo di cittadini, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi legati alle fonti energetiche.
Quale futuro energetico per la Sardegna?
In occasione del 24° anniversario del disastro di Chernobyl, il comitato Atera Energia pro sa Sardigna di Terralba (Oristano) ha organizzato un convegno per discutere sulle prospettive energetiche della Sardegna. All’incontro sono intervenuti cinque eminenti esperti nel campo energetico.
Alle cinque e mezza del pomeriggio di sabato, la sala del Teatro Civico di Terralba non è ancora gremita. Le persone che hanno accolto l’invito del comitato AES entrano poco alla volta, guardandosi intorno in cerca di amici e conoscenti ai quali unirsi durante l’incontro. Il sindaco Giampietro Pili, patrocinatore dell’evento, saluta gli ospiti e il pubblico intervenuto, e coglie l’occasione per ribadire il suo “no” alla decisione del governo italiano di costruire una centrale nucleare in Sardegna, isola che, a detta di Roma, ha tutte le carte in regola per l’eventuale costruzione di un impianto.
Dopo la proiezione di un breve video di Rodolfo Roberti, il convegno può finalmente cominciare. I cinque relatori siedono sulla sinistra del palco. Con loro Alessandro Murtas, attivista di AES, chiamato a coordinare gli interventi.
Virgilio Sotgia, docente di fisica presso l’Istituto di istruzione Superiore di Terralba, è il primo a prendere la parola. Rimane seduto al suo posto, mentre illustra il funzionamento di una centrale nucleare aiutandosi con le slide del Power Point, una descrizione tecnica, abbastanza complessa per i molti profani che assistono alla sua spiegazione, ma certamente molto utile per capire la vita di una centrale e conoscerne i costi. Sì perché per la sua costruzione verrebbero spesi circa 7 miliardi di euro, facendo il confronto con la centrale finlandese di Olkihuoto, che sarà pronta nel 2013, forse prima. Inoltre il rischio della costruzione di una centrale nucleare in Sardegna è legato a una serie di manovre economico-politiche che tenderebbero ad avvantaggiare alcune imprese edili italiane, escludendo dai lavori le tante maestranze locali. Tutto ciò avrebbe delle gravi ripercussioni sull’economia dell’isola, già costretta a una condizione di subalternità prossima al colonialismo, situazione che potrebbe solo peggiorare qualora il nucleare prendesse piede in Italia.
Applauditissimo dal pubblico, il prof Sotgia ha ceduto il microfono al professor Paolo Randaccio, fisico nucleare dell’Università di Cagliari. Segni particolari: fervente sostenitore dell’energia nucleare. A sentir parlare il prof Randaccio, la maggior parte delle persone hanno paura del nucleare perché non lo conosco. Ed ignorano i vantaggi che da questa fonte di energia “pulita” potrebbero derivare. E non sanno che si corrono più pericoli nella cucina di casa che vivendo accanto a una centrale! Con il suo rilevatore di radioattività, ha cercato di convincere i presenti che i muri del teatro e le mucche di Arborea sono radioattive come un’innocente scoria di uranio impoverito adagiata sulla spiaggia di Sassu, accanto a degli innocui “arrullonis”.
Secondo il professore, i media e la disinformazione alimentano il pregiudizio delle persone sul nucleare, il quale non può causare più danni di una bombola di gas usata per cucinare! E poi cos’è tutto questo scalpore per i morti di Chernobyl? D’altronde, l’esplosione del reattore ha causato la morte di solo sessantatre persone. Le altre migliaia di vittime del peggior disastro atomico dopo le bombe di Hiroshima e Nagasaki ci sarebbero state comunque, perché tutti, prima o poi, dobbiamo morire. Le leggende metropolitane del professore non riscuotono tanti applausi. E il suo rilevatore di radioattività non desta molta preoccupazione.
Molto apprezzato è invece l’intervento di Nicola Culeddu, membro del Centro Nazionale delle Ricerche di Sassari, il quale espone, in modo chiaro e senza mezzi termini, un’idea semplicissima, in fondo condivisa da tutti, quella di democrazia ecologica. La Sardegna deve poter scegliere quali fonti energetiche adottare, nel pieno rispetto della salute umana e dell’ambiente nel quale viviamo. Le scelte di oggi, il più responsabili e consapevoli possibile, coinvolgeranno anche le generazioni di domani, alle quali dobbiamo lasciare in eredità un mondo sano, non un problema. Detto in parole povere, non possiamo prevedere i pericoli del nucleare sul lungo periodo (60 – 70 anni) ma dobbiamo trovare la soluzione energetica più sostenibile e conveniente per il benessere di tutti.
L’attenzione del pubblico è al massimo quando la parola passa al professor Andrea Olla. Strenuo oppositore del nucleare, il rappresentante del Cagliari Social Forum ha indicato l’unica strategia concreta adottabile in caso di minaccia nucleare: occupare fisicamente la zona indicata per la costruzione dell’impianto e presidiarla giorno e notte, in segno di protesta democratica e pacifica.
Il pubblico, ora più gasato che mai, si prepara ad ascoltare l’ultimo intervento in programma, quello del compaesano Luca Soru, ingegnere dell’Agenzia per l’Energia Sostenibile di Oristano. Con fare pacato e competente, l’ing. Soru passa in rassegna, descrivendone brevemente le caratteristiche, le fonti energetiche “altre” di cui la Sardegna potrebbe (e dovrebbe) dotarsi nei prossimi anni. Tra le fonti ecosostenibili, la più conveniente, in termini di costi di produzione, di gestione, di consumo e di risparmio energetico, è l’energia termosolare, seguita dall’eolica e dalle biomasse, che producono energia con materiali di origine organica, vegetale e animale. Se scartiamo l’energia geotermica, quella idroelettrica e quella prodotta dalle onde del mare, ancora in via di sviluppo, non ci resta che optare per l’installazione dei pannelli fotovoltaici sul tetto di casa nostra, per i quali sono previsti gustosi incentivi ministeriali e un consistente risparmio in bolletta.
Faremo così un regalo a noi stessi, all’ecosistema e a chi verrà dopo di noi. E continueremo a goderci la tranquillità della nostra cucina senza il timore di uno sversamento di sostanze radioattive a dieci chilometri da casa.
Info e contatti: cliphouse.net/atera – ateraenergia@gmail.com
Fonte: Myriam Mereu, Atera energia pro sa Sardigna
Pubblicazione: 07/06/2010 – Ultimo aggiornamento: 07/06/2010